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Chi è Manetone?

Immagine del redattore: Stefania BonuraStefania Bonura

Aggiornamento: 6 nov 2021

Nella collezione egizia del Staatlichen Museen di Berlino compare un reperto comunemente definito "Testa verde". Si tratta di un piccolo busto di pietra, di un colore verdastro, che rappresenta la testa di un uomo calvo i cui tratti marcati lasciano ampio spazio all'immaginazione. Per qualche secondo si dimentica persino di trovarsi di fronte a una statua poiché a prevalere sono i segni che lo scultore ha voluto imprimere su quel volto come se a guidare la sua mano fosse stata unicamente la personalità del soggetto rappresentato. Lievi rughe e fronte corrucciata infatti caratterizzano l'espressione di questo sconosciuto del quale non si conoscono né nome né provenienza. Gli studiosi possono solo affermare che probabilmente era un sacerdote per via della testa rasata e che la scultura si può far genericamente risalire all'epoca tolemaica. Quando penso a come poteva essere Manetone, mi viene in mente questo volto.


statua dell'impiegato dell'amministratore del dominio Der-senedj
Testa verde - Immagine CC BY NC SA - © Foto: Ägyptisches Museum und Papyrussammlung der Staatlichen Museen zu Berlin - Preußischer Kulturbesitz / Fotografia di: Sandra Steiß

Manetone è infatti un sacerdote di Eliopoli di epoca Tolemaica. Un intellettuale forse, oltre che un religioso e un funzionario di stato. Se volessi paragonarlo a una figura contemporanea mi verrebbe in mente un accademico, uno studioso con una cattedra importante all'interno di una prestigiosa università. Di lui in verità si hanno ben poche notizie. Quella maggiormente rilevante è che scrisse l'Aegyptiaka, ovvero la Storia dell'Egitto, e lo fece durante il III secolo a.C. quando a regnare sul suolo faraonico c'era la dinastia greco-macedone dei Tolomei, gli eredi di Alessandro Magno.

Manetone probabilmente proveniva da Sebennito, una città del Delta che aveva ospitato la dinastia degli ultimi faraoni egiziani prima dell’arrivo dei Macedoni. Poiché divenne Sommo sacerdote di Eliopoli, si può immaginare che fosse tra i più dotti uomini dell’epoca e per questo motivo Tolomeo II Filadelfo (282-246 a.C.) gli richiese la compilazione della Storia dell’Egitto.

In quel periodo l’Egitto, e in particolar modo Alessandria, viveva un momento di rinascita e splendore. Era la capitale culturale del mondo ellenistico, grazie alla spinta che proprio questo sovrano aveva dato alla Biblioteca e al Museo. Sulla scia di questo entusiasmo culturale, Tolomeo volle arricchire la biblioteca con l'Aegyptiaka. L’Egitto vantava un’origine antichissima e la civiltà egizia era sempre stata fonte di grande ammirazione presso i greci. Lo stesso Alessandro Magno aveva compreso che per poter governare l’Egitto bisognava conoscerne storia e tradizioni e rispettarne cultura e religione. I suoi successori non furono meno accorti e, in questo spirito illuminato, Tolomeo II pensò bene di farsi scrivere una storia dettagliata degli accadimenti egiziani a partire dall’istituzione stessa della monarchia. Una storia che aveva avuto inizio ben 3000 anni prima.

Per quanto parlasse e scrivesse in greco, Manetone era egiziano. Questo lo metteva in una condizione di vantaggio per la comprensione delle fonti più antiche, cosa che probabilmente non sfuggì al sovrano se commissionò l’opera proprio a lui, e non a uno dei tanti intellettuali di origine greca che affollavano le strade di Alessandria, considerando peraltro che i sacerdoti dei centri di culto più importanti, come Eliopoli, avevano spesso un ruolo politico all’interno delle più resistenti frange d’opposizione agli stranieri. Si potrebbe affermare dunque che Tolomeo con questa richiesta di alto valore culturale volle anche onorare e ingraziarsi i suoi potenziali nemici. Ma queste sono solo ipotesi, poiché di fatto le notizie su questo personaggio sono poche e incerte. La sua stessa opera, di cui poté fregiarsi il sovrano macedone, finì probabilmente in cenere durante uno degli incendi della biblioteca alessandrina, insieme a molti altri capolavori del passato. Ma qualcosa di essa è rimasta: degli estratti dell'originale conservati da Giuseppe Flavio e copie o resti di una versione sintetica, in forma di lista di re con brevi note al margine, che non è detto abbia composto lo stesso Manetone, ad opera di cronografi cristiani.

Il sacerdote viaggiò sicuramente per tutto l'Egitto, da bravo storico, alla ricerca di documenti, in particolare quelle liste di re per cui erano famosi i sovrani egizi, come il Papiro dei re, oggi noto come Canone regio di Torino, che fu composto durante la XIX dinastia (1292-1190 a.C.), che elencava i monarchi che si erano succeduti dall'inizio dei tempi fino al sovrano che aveva commissionato l'elenco stesso. Si suppone che in particolare Manetone abbia maneggiato proprio questo papiro, o una sua versione, nella compilazione della sua opera, poiché la suddivisione delle dinastie, il numero dei sovrani, i nomi e molti eventi al margine risultano molto coerenti con il documento originale. Oggi storici e archeologi hanno come imprescindibile punto di riferimento questa lista e l'opera di Manetone.


 

Riferimenti bibliografici


Franco Cimmino, Dizionario delle dinastie faraoniche, Bompiani, Milano 2003.

Leonardo Paolo Lovari, Manetone. La storia d'Egitto, Harmakis Edizioni, Montevarchi (AR) 2016.

Sergio Pernigotti, Introduzione all'egittologia, il Mulino, Bologna 2004.


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